Skip to content

Perché un incidente in doccia gli è costato più di 20.000€ all’anno?

Nicola stava per festeggiare il 25° anno di matrimonio, ma in una frazione di secondo tutto è cambiato. Ecco come la sua vita è cambiata da quel giorno e le conseguenze economiche che ha dovuto affrontare.

Fare i lavori di casa mi rilassa. Alla fine sono più stanco di prima, ma mi aiuta a liberare la testa da tutti i pensieri quotidiani. Provo una grande soddisfazione quando so di aver aggiustato qualcosa con le mie mani.

E poi la casa ha sempre bisogno di qualche riparazione, non mi piace trascurarla.
Sarà che con Anna ci abbiamo impiegato tanto tempo prima di andarci ad abitare. 
Appena sposati ci lavoravo tutti i fine settimana dopo il lavoro, per risparmiare qualche soldo e per iniziare prima possibile a costruire la nostra famiglia.

Adesso, appena vedo qualcosa che non va, prendo subito la cassetta degli attrezzi e mi metto all’opera.
Quel giorno mi ero accorto che un pezzo di grondaia si era staccato dal tetto. Come poteva essere successo?

Comunque non potevo lasciarla così. Era pericoloso.
A volte i figli di mio fratello vanno a giocare proprio sotto la tettoia ed era troppo rischioso lasciare quel pezzo di lamiera lì appeso.

Avevo promesso ad Anna che quella sera l’avrei portata a cena fuori. Era il nostro 25° anniversario di matrimonio. Ho pensato: “Mi sbrigo dai, che ce la faccio”.

Così ho preso al volo la scala a pioli e qualche arnese. Sono salito con attenzione, cercando di velocizzare il lavoro. Solo appena arrivato al tetto mi sono accorto di essere veramente in alto.

Appena mia moglie mi ha visto lassù ha cacciato un urlo: “Nicola ma dove sei salito? Scendi giù che è pericoloso”.
In quel momento la scala ha vacillato e per un attimo mi sono visrto sdraiato sull’asfalto con tutte le ossa rotte. Ho fatto appena in tempo a bilanciarmi e a stabilizzare la scala. Un rivolo di sudore mi è sceso dalla fronte. Che spavento.

Nicolaaaaaa, non fare il cretino! Per piacere, lascia perdere questa grondaia. Scendi giù che è tardi, tra poco dobbiamo essere al ristorante. E stai attento!”

Quando mia moglie usa quel tono di voce vuol dire che ho raggiunto veramente il limite. Non le piace vedermi fare lavori rischiosi. Ha sempre paura che mi succeda qualcosa.

Era veramente arrabbiata, ma mi sarei fatto perdonare.
Per il nostro anniversario avevo preparato un regalo speciale. Ero certo che le avrei strappato un sorriso!
 
Nostra figlia Chiara mi aveva aiutato ad organizzare tutto il viaggio.
Tre settimane in Brasile, soli, io e lei. Proprio lì ci siamo conosciuti e lì avremmo festeggiato 25 anni di vita insieme.
 
Così ho messo velocemente a posto la scala e sono andato a prendere la busta con i biglietti del volo che avevo nascosto in garage. Non volevo che Anna li trovasse prima di quella sera.
Era tutto pronto, perfetto. Mancavo solo io.
 
Sono andato di corsa al primo piano per fare la doccia e cambiarmi. Mentre facevo scorrere l’acqua pensavo a cosa avrei dovuto indossare: Camicia azzurra o bianca?
 
Mentre mi toglievo l’orologio, ho visto che ero veramente in ritardo. Ho immaginato la faccia di Anna, ancora più arrabbiata, e mi sono fiondato immediatamente sotto l’acqua scrosciante.
 
Giusto due minuti e ero già pronto per uscire dalla doccia. Mi sono infilato al volo l’accappatoio e ho messo fuori un piede… “Cavolo, le ciabatte! Pazienza, vado scalzo, il pavimento asciugherà!” mi sono detto.

Tutto è accaduto in una frazione di secondo. Il piede bagnato che scivola sulle piastrelle. Io che perdo l’equilibrio e che mi ritrovo a terra immobile.
Ho perso i sensi e mi sono svegliato in ospedale.

Ho pensato alla cena per il nostro anniversario, al regalo che avevo preparato. Quella stupida caduta aveva mandato all’aria tutti i miei piani.
Ero frastornato e dolorante. Ho aperto gli occhi e ho visto Anna e Chiara che parlavano con i medici. Erano disperate, in lacrime. Ma come è possibile, per così poco?
 
Mi ero sbagliato. Non solo quella caduta aveva rovinato la nostra serata, ma aveva rovinato per sempre la mia vita.

“Nicola, ascolti con attenzione. Ieri sera è scivolato e ha sbattuto violentemente la schiena sul bordo della doccia. È stata una caduta piuttosto violenta, che le ha provocato un trauma alla colonna vertebrale. Si è verificata una lesione importante al midollo spinale e, purtroppo, non credo che riuscirà più a recuperare l’uso delle gambe”.
 
Non credo che riuscirà più a recuperare l’uso delle gambe.
Quella frase mi rimbombava nella mente e non riuscivo a crederci. Io su una sedia a rotelle? Mi vedevo proiettato in un incubo.
Con quelle tremende parole il Dottore aveva sentenziato il mio futuro da paraplegico.

Ero disperato e il mio stato di depressione non aiutava certamente la situazione. Grazie al confronto con i medici mi sono fatto forza e sono riuscito a capire che la mia vita non si sarebbe fermata. Avrei dovuto continuare a lottare e trovare un nuovo punto di vista.

Sarei dovuto andare in una struttura riabilitativa destinata all’assistenza dei soggetti con lesioni midollari. Un centro specializzato mi avrebbe aiutato a raggiungere il miglior stato di salute e il più alto livello di capacità funzionali possibile.
 
Nei giorni a seguire, il sostegno di mia moglie e di mia figlia è stato incessante.
Anna ha deciso di accompagnarmi e di stare al mio fianco per i mesi che avrei dovuto passare in quella struttura. “Ci vorrà quasi un anno”, mi avevano detto.
 
Mia moglie chiese l’aspettativa dal lavoro e Chiara veniva a trovarmi ogni fine settimana.
Sentirle vicine era per me un grosso conforto. Una boccata d’aria fresca in quelle stanze asettiche e sature di odore di disinfettante. 

In queste situazioni di sconforto, di fallimenti, di terapie continue è bello avere qualcuno che ti stia accanto. Purtroppo però c’è un prezzo da pagare, nel vero senso della parola.
 
Anna è stata otto mesi lontana da casa. Ha preso una camera in affitto a pochi passi dall’ospedale. Una soluzione modesta, ma pur sempre una spesa ingente da sostenere. Per non parlare del costo dei trasporti e dei pasti.
Il malato a cui era concesso un letto e del cibo ero io, mica lei.
 
Ricordo che alla fine avevo un grande desiderio di andare a casa. Volevo tornare al calore degli spazi familiari.
Il giorno delle dimissioni dal Centro di riabilitazione ero veramente agitato, tanta era la gioia di tornare alla normalità, quanto la paura di quello che mi avrebbe aspettato.

Volevo scappare da quella struttura ma allo stesso tempo ero spaventato al pensiero di dovermela cavare da solo.
 
Tempo dopo ho scoperto che anche Anna era terrorizzata. In quel momento non mi aveva detto niente per farmi coraggio, ma aveva una grande ansia addosso. Sarebbe stata per sempre la mia ombra, avrebbe dovuto assistermi fisicamente e psicologicamente.
 
È proprio in queste situazioni che tutte le tue fragilità vengono a galla e non è affatto facile farci i conti.
Povera Anna! Anche se in maniera diversa, credo che abbia sofferto tanto quanto me. Quel tragico evento aveva scaturito un effetto domino. Si era ribaltata non solo la mia vita, ma quella di tutta la mia famiglia.

È stato con il rientro a casa che ho iniziato a fare i conti con la mia nuova condiziona di vita.
Sarei stato per sempre inchiodato ad una sedia. Le terapie mi avevano aiutato a recuperare alcune capacità fisiologiche, ma purtroppo non mi sarei più rimesso in piedi.
Proprio io che sono così attivo e che ho sempre bisogno di fare qualcosa, di muovermi.

“Adesso chi ci pensa a fare i lavoretti di casa?”: Era il mio pensiero fisso, ma sapevo bene che quello non era il vero problema.
Sono stato costretto a lasciare il lavoro. Mario, il mio titolare, era addolorato, ma non c’era altra soluzione. Un capo cantiere sulla sedia a rotelle non si era mai visto. 

“Adesso chi ci penserà a mantenere la mia famiglia?”. Questa è la vera domanda e per fortuna ero in grado di darle una risposta concreta. Ci avevo già pensato molti anni prima a proteggermi.

Anche perché dopo il mio infortunio le spese aumentate alla velocità della luce, come non mi sarei mai immaginato.
L’anno prima vivevamo nella quotidianità delle bollette da pagare, della spesa da fare, delle riparazioni straordinarie che “proprio quest’anno non ci voleva!”. Adesso mi viene da sorridere. È proprio vero che fino a che non ti ci ritrovi non riesci a capire l’entità di un danno così.

Il mio rientro da paraplegico nelle mura domestiche mi aveva spiazzato. Quella casa, tanto adorata, si era trasformata in una prigione. Non ero più in grado si salire le scale per andare in camera mia. Andare in bagno era diventata un’odissea. Mi sentivo un animale in gabbia.

L’impresa edile in cui lavoravo ha fatto un bel lavoro. Adesso posso muovermi autonomamente in casa mia, tutto è fatto su misura per me. Ma si sa, ogni cosa che viene fatta su misura costa!
 
E tutto questo si è sommato alle spese per acquistare tutte le attrezzature che mi erano diventate necessarie: una rampa per l’ingresso di casa, un montascale, un nuovo letto, ausili per il bagno, ecc…
 

Nel primo anno, dopo quella caduta disastrosa, abbiamo speso 26.000 euro!

E dopo la strada non è stata in discesa. Spese costanti e ingenti: oltre 20.000 euro ogni anno successivo.

Eh sì, la vita di una persona con disabilità ha un costo importante.

 

Non riesco ad immaginare come avrei fatto a trovare tutti questi soldi!
Adesso ringrazio di non essermi trovato solo. Di aver deciso di pensarci prima che un evento improvviso arrivasse a sconvolgere la mia vita. 

Anna e Chiara si sono fatte in quattro per assistermi e starmi vicino. Almeno avevo la consolazione che sarei stato in grado di non fargli mancare niente. Non avrebbero dovuto rinunciare alla loro vita, alla loro quotidianità.

Se penso che mia figlia voleva abbandonare l’università mi si chiude ancora la bocca dello stomaco. Voleva trovare un lavoro per contribuire alle spese familiari.
Per fortuna ho avuto la possibilità di impedirglielo. Ho potuto garantirle un percorso di studi e il futuro che lei desiderava costruire, anche se ormai non posso più lavorare e portare a casa nemmeno un euro.

In quel periodo però non ho comunque retto alla pressione del mio disagio fisico e psicologico. Sapevo di essere protetto economicamente, ma faticavo a pensare di non potermi più alzare sulle mie gambe, di non essere più in condizioni di badare a me stesso.

Dentro di me maturava un senso di vuoto. Mi sentivo inutile. Come era possibile ridursi così?   
Al solo pensiero di affrontare la giornata mi sentivo morire. Non desideravo niente, ero incapace di provare piacere e soddisfazione. Persino il rapporto con Anna era diventato difficile.

Mia moglie era disperata.
Pensava a tutto, mandava avanti la casa, se c’era un problema ricadeva su di lei. In compenso si trovava accanto una persona inerme, che andava accudita e che ricambiava ogni suo gesto di affetto solo con lunghi silenzi.

“Nicola basta, non ce la faccio più! Così non possiamo andare avanti”, mi ha detto un giorno in lacrime. Mi aveva riversato addosso tutta la tensione accumulata con il tempo. E aveva ragione.
 
Così ho accettatto, non senza resistenza, di essere affiancato da uno psicologo. Proprio io, che avevo sempre messo in discussione questa professione. “Quelli sono dei manipolatori della mente e si fanno pure pagare fior di quattrini per ficcarti in testa tutti quei discorsi”.
 
Ho dovuto ricredermi. Quelle sedute settimanali mi portavano, piano piano, a riacquistare il mio corpo. Grazie a quel sostegno psicologico ho ritrovato la mia personalità, la voglia di vivere e ho riscoperto il rapporto con mia moglie. Come cavolo ho fatto ad annullarmi così e a trascinare con me tutte le persone a cui volevo bene?

Lo Psicologo mi ha consigliato di cercare un aiuto esterno che potesse provvedere a me, per aiutarmi con tutto ciò che non ero in grado di fare da solo. Così abbiamo fatto.
Ho cercato una persona, un professionista, che potesse badare a me.
Era un’altra spesa da sostenere, ma fortunatamente non è stato un problema.

Così facendo ho salvato la relazione con Anna. Lei doveva essere mia moglie, non la mia badante o la mia infermiera.
Dovevamo fare in modo che la nostra intimità non fosse messa in discussione dalla mia disabilità.

Finalmente, con il tempo, ho fatto pace con la mia nuova condizione fisica. Ho iniziato a trovare la bellezza nelle piccole cose quotidiane. Sono tornato ad apprezzare la luce del mattino, le carezze di Anna, il sorriso di mia figlia. Ogni mio piccolo progresso con la sedia a rotelle è diventato un grande successo da festeggiare.
 
Ormai è passato qualche anno da quel periodo. Ci sono ancora delle difficoltà, ma adesso posso parlarne serenamente e vedere tutto sotto un’altra luce.
A volte penso a come sarebbe andata avanti la mia vita se non avessi compiuto quel gesto così banale. Scivolare uscendo dalla doccia, sembra quasi una barzelletta.

Ho riflettuto molto su questo. Su come un piccolo gesto, un battito di ali, possa rovesciare tutto il tuo universo. Fino a quel momento non ci avevo mai pensato. È proprio vero che bisogna ritrovarsi a perdere qualcosa per capirne il vero valore.

Se c’è un vantaggio dalla mia vicenda, forse, è proprio questo. Aver perso l’uso delle gambe, aver rischiato di perdere tutti i miei affetti, mi ha fatto capire il valore della Vita e di quanto sia importante proteggerla.

Solamente in Italia, nei cosiddetti “incidenti del sabato sera”, il 20% degli infortunati subisce lesioni spinali con invalidità permanente e l’80% degli interessati ha un’età tra i 29 e i 42 anni.

fonte: https://www.cnr.it/it/comunicato-stampa/9801/una-speranza-per-la-cura-della-paraplegia-indotta-da-lesione-midollare

Ma quanto è il costo per mantenere una persona che ha subito una lesione? Facciamo una stima:

Ad esempio, la gestione della lesione al midollo, comporta dei costi importanti che gravano sull’equilibrio economico e sociale del 73% delle famiglie coinvolte (DATI ISTUD): farmaci, assistenza sanitaria e tante altre spese cosiddette accessorie non sono rimborsate dal servizio sanitario ma sono a totale carico della famiglia.

I costi diretti a carico del nucleo familiare di una persona con lesione midollare, in media, si aggirano intorno ai 26.900 euro nel primo anno dalla lesione – comprensivo dell’ adeguamento della casa, le spese sanitarie e le visite specialistiche non rimborsate, l’assistenza e i viaggi verso la struttura di ricovero – per poi variare, per l’assistenza a casa, tra i 2.000€ e i 3.000€ al mese negli anni successivi – tra specialisti, fisioterapisti, personale di aiuto e medicinali.

C’è di più, solamente 3 persone su 10 con lesione vengono ricoverate presso una struttura specializzata nelle 24h successive al trauma. Per tutti gli altri, c’è il calvario delle liste di attesa, che possono durare anche più di un anno. Un fattore, questo, che ha profonde ripercussioni dal punto di vista della ripresa fisica e delle spese di assistenza.

fonte: http://www.faiponline.it/drupal/node/39

Per capire la gravità della situazione economica basta pensare al costo di assistenza di cui necessita una persona invalida.

Secondo le tabelle retributive del 2024, il costo del badante convivente che offre assistenza a persona non autosufficiente (livello C super) per 54 ore settimanali è di: 1.658,83€ al mese.

A questa cifra dobbiamo sommare il costo di vitto e alloggio, che non è compreso in questo calcolo. 

Da sottolineare il fatto che se c’è necessità di assistenza h24, i costi aumentano vertiginosamente, fino a raddoppiare. 

fonte: https://badacare.com/badante-convivente-assunzione/ 

Ma in tutto questo, lo Stato non aiuta? Non c’è un’indennità di accompagnamento o qualche altra assistenza?

Il nostro ordinamento giuridico prevede un’indennità, a seguito di una  valutazione delle condizioni di salute della persona.

L’indennità di accompagnamento viene erogata su domanda a favore dei soggetti mutilati o invalidi totali (invalidità del 100%) per i quali è stata accertata l’impossibilità di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore oppure l’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita.

Spetta a tutti i cittadini in possesso dei requisiti sanitari residenti in forma stabile in Italia, indipendentemente dal reddito personale annuo e dall’età.

L’importo di tale indennizzo per il 2024 è pari a 531,76 euro mensili (per dodici mensilità).

Tale sostegno si dimostra però insufficiente a coprire, anche in parte, le spese della non autosufficienza a carico delle famiglie, che vanno da un minimo di 2.000€ mensili, fino a superare i 4.000€.

Dopo aver letto questa storia e aver appreso i costi che una persona invalida deve sostenere, è facile comprendere che questi sostegni sono del tutto insufficienti. Ecco come il peso della non autosufficienza ricade totalmente sulle vittime e sulle loro famiglie e come anche solo un piccolo incidente in doccia può costare caro!

Articolo informativo ai fini della vendita. Per informazioni rivolgersi in Agenzia.