Quando mia figlia Chiara ci ha detto che aveva trovato casa e sarebbe andata a vivere da sola, ho provato una stretta al cuore.
Non era tristezza. Era qualcosa di più sottile: un misto di orgoglio, nostalgia e quella sensazione che hai quando ti rendi conto che il tempo, alla fine, passa davvero.
Mi è bastato chiudere gli occhi per rivederla su quella bici senza rotelle, le ginocchia sbucciate e io che correvo dietro gridando: “Vai Chiara! Sei bravissima!”.
Adesso è una donna. Forte, indipendente, piena di sogni. Ma per me sarà sempre la mia bambina.
E così, mentre aiutavamo lei e il suo compagno a montare l’armadio della nuova camera da letto, ho pensato a quanto fosse cambiato il nostro ruolo.
Per tanti anni siamo stati noi a prenderci cura di lei.
Adesso è lei che ci guarda con uno sguardo diverso. Più consapevole, più adulto. E ogni tanto, lo vedo, è come se si preoccupasse per noi.
“Babbo, ma non ti stanchi a stare in ginocchio così tanto?”
La verità è che un giorno, forse non lontanissimo, potrei davvero avere bisogno di lei.
Di una mano per fare le scale, di qualcuno che mi accompagni a una visita, o forse per qualcosa di più. Ma non voglio che Chiara debba rinunciare alla sua libertà per prendersi cura di me.
Per questo, qualche anno fa, io e mia moglie abbiamo fatto una scelta. Una di quelle decisioni che non si raccontano spesso, ma che ti fanno dormire meglio.
Abbiamo pensato al nostro futuro. A come proteggerci, senza pesare su nessuno.
Vogliamo invecchiare serenamente, sapendo che se avremo bisogno di un aiuto, ci sarà. Che se dovremo affrontare una fragilità, non lo faremo da soli. E soprattutto, che Chiara potrà continuare a vivere la sua vita senza preoccuparsi troppo per noi.
Oggi, quando ci sentiamo, mi chiede sempre: “Tutto bene babbo?”
E io le rispondo con sincerità: “Sì amore, tutto bene.”
Perché è vero. Abbiamo fatto in modo che lo fosse.
Questa, per noi, è la SuperSerenità: prendersi cura degli altri, iniziando da sé stessi.
Paolo